Quale futuro per il mondo dell’auto?

In questo momento di fabbriche e concessionari chiusi ci si interroga sull’impatto che avrà questo periodo su un settore vitale dell’economia.

Siamo ancora in piena emergenza coronavirus, in Italia e nel resto del mondo. Decine di stabilimenti sono chiusi in Europa, i concessionari sono bloccati e le vendite di auto sono crollate, senza distinzioni di Paese È ancora prematuro, forse, azzardare che cosa potrebbe accadere nel prossimo futuro, ma qualche considerazione si può fare. Come ad esempio ha fatto il Corriere della Sera dopo aver intervistato un rappresentante italiano della Deloitte (un’affermata multinazionale specializzata in consulenze di tipo industriale). Ebbene secondo Deloitte, lo shock coronavirus provocherà una perdita di ben 11 milioni di autoveicoli nel 2020 che scenderanno dagli 88,9 milioni del 2019 a 77 milioni quest’anno.

TUTTO CONCATENATO – È altresì evidente che le ripercussioni economico-finanziarie saranno evidenti anche su tutta la filiera produttiva dell’automotive. Una sorta di effetto domino: la chiusura di uno stabilimento causa una serie di contraccolpi a cascata. Inutile sottolineare che si tratta di contraccolpi molto pericolosi. Come l’impossibilità di pianificare investimenti e operazioni finanziarie a breve e medio termine, proprio a causa dell’estrema fluidità della situazione. Non solo, bisogna anche considerare che se intere aree geografiche vengono di fatto isolate, il loro “lockdown” causa impatti negativi anche in altre regioni non necessariamente colpite dall’epidemia.

LA CINA – Ecco, un aspetto importante è proprio questo: il dramma del coronavirus ridimensionerà forse la Cina, intesa come enorme produttore/fornitore mondiale. In altre parole, andranno riviste le logiche di approvvigionamento della componentistica che non dipenderà più solo dall’enorme mercato del far east. In altre parole, potrebbe voler dire che molti costruttori riporteranno buona parte della produzione nei loro Paesi, evitando di concentrare tutto in aree geografiche ritenute poco stabili e sicure.

I GRANDI GRUPPI – La chiusura degli stabilimenti europei e americani ha, come accennato, provocato un crollo impensabile fino a poco tempo fa nelle vendite. In Italia ad esempio, a marzo sono state consegnate 28.000 vetture e la situazione potrebbe protrarsi per ancora 4-6 mesi. E le stime più recenti sul 2020 prevedono un calo della produzione di 2.219.000 di veicoli nel Nord America e di 2.956.000 in Europa. E sempre secondo la Deloitte l’impatto maggiore non riguarderà solo i grandi gruppi industriali, ma soprattutto le piccole e le medie imprese, dalla componentistica fino alle concessionarie. Ecco perché molte imprese dovranno ridurre i costi, sacrificando molti progetti.

TUTTO RALLENTA – Nella peggiore delle ipotesi si tratterebbe di una continua revisione al ribasso della produzione e un peggioramento della crisi economica. Altrettanto inevitabile il rallentamento della diffusione delle auto elettriche, anche per il semplice motivo che il più grande produttore di batterie al mondo è la Cina. Così con ogni probabilità nei prossimi mesi assisteremo a molti rinvii o addirittura annullamenti di lanci di queste auto previsti nel 2020. E prende sempre più corpo l’idea di uno slittamento delle multe della UE per chi non rispetta i nuovi limiti di emissione (i famosi 95 g/km di CO2) che oggi appaiono del tutto irraggiungibili. C’è chi ipotizza uno slittamento di uno o due anni

Fonte: https://www.alvolante.it/
Foto: https://www.alvolante.it/

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