Mike Hailwood, 40 anni fa la tragedia assurda di un campione inimitabile

Il 23 marzo 1981 moriva Mike Hailwood, nove volte campione del mondo nelle moto e pilota anche in F1. Nello scontro con un camion di due giorni prima perse la vita anche la figlia di 9 anni. Fenomeno in pista, dal motomondiale al Tourist Trophy, aveva salvato dalle fiamme Regazzoni a Kyalami

Massimo Falcioni

Il 23 marzo 2021, almeno idealmente, tutti gli amanti del Motorsport e in particolare gli appassionati di motociclismo, portano un fiore nel cimitero inglese di Santa Maria Maddalena a Tanworth-in-Arden, nel Warwickshire, dove da quarant’anni è sepolto Mike Hailwood insieme con sua figlia Michelle. Quarant’anni fa, la sera di sabato 21 marzo 1981, Mike stava guidando la sua Rover sulla statale A435 presso Birmingham, con accanto i due figli David di 6 anni e Michelle di 9 anni: stavano andando a comprare fish and chips per cena. Dietro una curva cieca, un autista di camion stava facendo irresponsabilmente una inversione a U e Mike, pur tentando una manovra disperata, non riuscì a evitare l’impatto. Così la signora in nero, fallito in passato il tentativo di rapirlo su uno dei circuiti del Mondiale, chiudeva il conto con un pilota leggendario nel modo più devastante e beffardo.

la tragedia hailwood

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Il piccolo David si salvò miracolosamente, mentre Michelle morì sul colpo. Mike, estratto in gravissime condizioni dal groviglio delle lamiere e portato all’ospedale di Birmingham, morì due giorni dopo, lunedì 23 marzo, senza aver ripreso conoscenza. Al conducente del mezzo, riconosciuto colpevole della manovra assassina che provocò il disastro, fu inflitta una multa di 200 sterline, senza conseguenze penali. Mike Hailwood, l’uomo nato per correre, fenomeno sulle due ruote e superbo anche nell’automobilismo, se ne andava così, nel modo più assurdo, a 41 anni non ancora compiuti. Fenomeno in pista e gentleman fuori, ricordiamo chi era Mike Hailwood, la cui classe era definita semplicemente “arte”.

cosa dicevano di mike the bike

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Per il 15 volte iridato Giacomo Agostini, “Mike è stato un maestro, il pilota che mi ha dato più filo da torcere”. Arturo Magni, gran capo del reparto corse MV Agusta, ricorda: “Qualsiasi moto davi a Mike, lui diceva ok e rispondeva subito in pista con un giro record. Lui non voleva perdere tempo pensando alla motocicletta perché si fidava di noi: a lui interessava solo guidare e vincere. E come guidava e quanto vinceva!”. Il Conte Domenico Agusta, patron della Casa di Cascina Costa: “Mike è quello che c’è scritto sulla carena della sua moto: il numero uno”. E John Surtees, l’unico pilota iridato in moto e in Formula 1: “Nel 1957 ho visto debuttare Mike a Oulton Park con una MV monoalbero 125 e ho detto: ecco il futuro campione del mondo!”. E Paolo Benelli figlio di Tonino, asso dell’epopea di Nuvolari: “Il 15 settembre 1968 solo quella sfortunata scivolata alla Parabolica di Mike sulla Benelli 500 privò il motociclismo di un superbo spettacolo tecnico-agonistico nella battaglia con la MV di Agostini. Un trionfo di Mike avrebbe potuto cambiare le sorti di quel motociclismo dei Giorni del coraggio”.

la grandezza di hailwood

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Tutti i piloti, nessuno escluso, hanno riconosciuto la grandezza di Mike Hailwood corridore, il suo valore tecnico-agonistico, la passione per le corse, il talento. Mike abbandonò il motomondiale a soli 28 anni con 9 titoli in tasca (4 nella 500, 2 nella 350, 3 nella 250) trionfando 10 anni dopo al TT F1 in sella alla Ducati e ripetendosi nel 1979 al Senior TT con una Suzuki. Nel 1961, Mike, solo per un banale incidente meccanico alla sua AJS 350 — era primo a 20 Km dal traguardo davanti a Read, Hocking e Minter — mancò il “poker” al Tourist Trophy (vinto comunque 14 volte!) dopo aver tagliato per primo il traguardo nella 125 (battendo Taveri, Phillis e Redman), nella 250 (davanti a Phillis, Redman e Taniguchi), nella 500 (davanti a McIntyre, Phillis e Alistair King). Ogni gara di Hailwood è segnata nella storia del motociclismo.

chi era

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Il fuoriclasse inglese, nato a Oxford il 2 aprile 1940, aveva chiuso “ufficialmente” con le moto nel 1968, dopo aver conquistato una stupenda doppietta iridata nel 1967 (titolo della 250 e della 350) e aver sbancato al TT con una nuova tripletta: primo nella 250, 350 e 500. A dire il vero Hailwood, dopo una scialba prova a Riccione con una Honda 500 spompata, si era fatto tentare ancora dalle due ruote nel 1971, a Daytona con la BSA Rocket 3 750 e con una clamorosa e strombazzata rentrée con le Benelli 350 e 500 4 cilindri nella famosa sfida (persa) con Agostini a Villa Fastiggi di Pesaro. Ma per un decennio il fuoriclasse inglese era diventato un pilota automobilistico a tempo pieno, raggiungendo grandi risultati anche in F1, ma non la vetta della massima categoria.

mike in f1

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Vincitore nel 1972 dell’Europeo Formula 2, nel 1973 è protagonista di uno storico gesto eroico in Formula 1 a Kyalami quando si butta tra le fiamme della BRM di Clay Regazzoni, salvandogli la vita. Nella primavera del 1978 – dieci anni dopo l’addio ufficiale alle corse di moto – Mike decide di disputare la F1 del Tourist Trophy all’Isola di Man in sella alla… Ducati, con un bicilindrico 4 tempi a V di 90° desmo 900 SS di derivazione stradale. In pochi giorni la moto fu rivoluzionata. Il propulsore si avvaleva delle sapienti “cure” del guru della Ducati britannica Steve Wynne e alla fine l’inedito 883 (sui 75 Cv a 7500 giri), chiuso in un traliccio a tubi d’acciaio, fu ritenuto idoneo a dar battaglia ai ben più potenti quattro cilindri ufficiali di Honda e Suzuki collocati su telai squisitamente racing. Quel 2 giugno 1978 Mike the Bike e la Ducati misero a segno una storica impresa. Un trionfo tanto clamoroso quanto inatteso che costituì le basi per il grande lancio dei bicilindrici bolognesi in tutto il mondo. Solo un Phil Read in stato di grazia, in sella a una Honda preparata apposta per il Mountain Circuit, tentò di resistere all’azione prepotente del nove volte campione del Mondo.

la sfida del tt

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Tutto era iniziato quasi per scherzo. Una serata in un pub inglese quando Mike, alticcio, mise in palio una birra per il suo ritorno al TT. Grazie alla Ducati, quella birra è diventata una icona. A volte, come quel 2 giugno 1978, i sogni diventano realtà. Così la Ducati costruì la Mike Hailwood Replica. Una magia per 3000 felici appassionati, un’opera d’arte da ammirare ancora oggi. In 10 anni di attività agonistica iridata a tempo pieno, dal 1957 al 1967, Hailwood ha pilotato 18 differenti modelli di moto da corsa vincendo con qualsiasi moto di qualsiasi Marca e cilindrata a 2 o 4 tempi, con motori di ogni tipo da uno a sei cilindri, su ogni circuito, in ogni condizione meteo. Un palmares superbo: 9 titoli mondiali vinti, 142 gare iridate disputate, 76 vinte, 112 podi, una infinità di giri record e di altre corse vinte, pur se extra mondiale. I numeri, pur eclatanti, non traducono esattamente il valore di un pilota qual è stato Mike, campione anche di modestia, un “primus inter pares”, sempre contento di correre, comunque andasse. Felice di rendere felice qualcuno a bordo pista, semplice appassionato. Disponibile con tutti, pur se sempre tenuto sotto l’ala protettiva dell’appassionatissimo papà Sir Stanley, miliardario, condizione che ha permesso a Mike di prendere meglio il volo agli inizi della carriera, carriera poi esaltante grazie al talento di un ragazzo nato per correre.

la lezione

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Ricordiamo, soprattutto per i più giovani, la “lezione” di Mike sulle corse e sui piloti. Così diceva il fuoriclasse inglese: “Correre non è un passatempo per tutti, prima di impegnarsi in una attività per la quale ci si potrebbe accorgere, troppo tardi, di non essere affatto tagliati o di non potersi permettere i mezzi per praticarla, inviterei ciascuno a un esperimento di analisi introspettiva e a un esame obiettivo sulle condizioni da raggiungere per poter riuscire. Tra i primi fattori da considerare, quello economico è tra i più importanti, in quanto, benché non sia certo il denaro a fornire i requisiti fisici per correre, ove questi manchino, è da prendere in considerazione l’alternativa se uno abbia o meno la possibilità di diventare un buon corridore”. Poi Mike elencava una serie di qualità indispensabili, quali il coraggio fino alla temerarietà, l’abilità tecnica, la capacità di giudizio su se stesso e sugli avversari, la pazienza, l’attenzione sulla realtà concludendo: “In realtà grandi campioni si nasce, non si diventa, e senza un talento innato non è possibile raggiungere la vetta delle proprie aspirazioni. Ma anche un genio deve sforzarsi molto producendo sforzi intensi per sviluppare la sua abilità durante il lungo cammino che dovrà percorrere per raggiungere la fama”. Grazie, indimenticabile, unico Mike.

Fonte: https://www.gazzetta.it

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