Yamaha a 4 punte: Viñales e Quartaro per il titolo, Morbidelli e Valentino per…

I test hanno detto che la moto è migliorata rispetto al 2020 quando ha vinto 7 GP, più di tutte. E il paddock vota Franco tra i favoriti

La Ducati si avvicina al GP del Qatar che apre il Mondiale come la moto da battere, con quel rettilineo di 1.068 metri sul quale Jack Miller, Francesco Bagnaia e Johann Zarco potranno scatenare tutta la cavalleria a disposizione. Lo dimostra il record di velocità del francese della Pramac che nei test ha toccato i 357,6 km/h, primato non ufficiale in quanto non stabilito in un weekend di gara. Ma in attesa del ritorno sulla Honda di Marc Marquez, la rivale Yamaha, che a Losail vanta ben 8 successi da quando si corre nell’Emirato, e che lo scorso anno ha vinto più GP di tutti, 7 su 14, non vincendo però il Mondiale, non parte battuta.

la sfida

—  

Potenza bruta contro agilità estrema: come su molte altre piste, anche in Qatar due moto dal dna opposto hanno le armi per puntare al risultato massimo. Scottati dal “caso valvole” di inizio 2020, con diverse rotture nei due GP di Jerez e quindi la blanda punizione a fine stagione dopo avere ammesso di avere utilizzato due fornitori (e due tipi) di valvole, a Iwata in inverno hanno lavorato duro per limitare il gap pesante nei confronti dei rivali, perché se è vero che le gare non le vinci in rettilineo ma in curva, non avere le armi giuste per attaccare in staccata e nella prima fase di curva, rende tutto più complicato. Con lo sviluppo del motore congelato a causa della pandemia, i margini di intervento sono stati ridotti, limitandosi alle parti fuori dalle fusioni (quindi no testa, cilindri e basamento), ovvero cornetti di aspirazione scarichi, fino ai sistemi di lubrificazione e raffreddamento, oltre ovviamente all’elettronica. Ma non potendo variare il diagramma di distribuzione, ovvero il tempismo con cui avviene l’apertura e la chiusura delle valvole di aspirazione e di scarico, pur migliorando un po’ la guidabilità, il carattere del motore resta sostanzialmente invariato. Ciò nonostante, lavorando anche su aerodinamica (un solo sviluppo ammesso) e telaio, in Yamaha sembrano essere riusciti a fare passi in avanti anche come velocità massima, con un deficit sempre importante nei confronti di Ducati ma anche di Honda e KTM, ma leggermente più contenuto.

cambio della guardia

—  

E poi ci sono i piloti. Se in Ducati si è provveduto a un doppio cambio, in Yamaha il lifting è avvenuto a metà anche se, considerando l’addio dopo 15 stagioni a Valentino Rossi per far spazio a Fabio Quartararo, non è esagerato definire il nuovo corso una vera rivoluzione. Il francesino terribile che all’esordio in MotoGP nel 2019 aveva messo in difficoltà Marquez, e Maverick Viñales che domenica inizierà la 5ª stagione in Yamaha, partono con l’obbligo di vincere il Mondiale ma, ancor prima, di cancellare i dubbi relativi alla loro solidità mentale. Perché parlando di talento, non c’è dubbio che sia “El Diablo” sia il fresco sposo e futuro papà “Top Gun” ne siano dotati a volontà, ma l’incostanza che li ha visti protagonisti di gare spettacolari così come di prestazioni irriconoscibili è una nube che i due dovranno spazzare il prima possibile. Ancor più considerando che lo sviluppo della M1 ora passa da loro.

Morbido ci crede

—  

Per questo, al di là dei bei tempi dei due nei test, alla fine nel paddock il nome più gettonato dei piloti Yamaha è quello di Franco Morbidelli. E questo nonostante anche quest’anno sarà la sua l’unica M1 non ufficiale delle quattro in pista, seppur con qualche mini sviluppo. Ma oltre che su una moto che anche nella versione 2019 nel 2020 si è dimostrata altamente competitiva, grazie anche alla perfetta conoscenza ed esperienza del suo capotecnico Ramon Forcada, Morbidelli dovrà fare forza soprattutto sulla propria crescita e ferrea determinazione, qualità che nella ancor breve carriera finora lo hanno portato a progredire ogni anno di più.

E intanto Vale

—  

E poi c’è il solito infinito ed eterno Rossi, che all’alba dei 42 anni si prepara a indossare casco e tuta per quella che sarà la sua 26ª stagione iridata. Non vince il titolo dal 2009, una gara dal 2017, ma alla fine l’addio al team interno e l’approdo in Petronas al fianco di Morbidelli, vecchio amico prima ancora che nuovo rivale, potrebbe portare più benefici che danni al 9 volte iridato, sollevato dal peso di indirizzare lo sviluppo e libero di concentrarsi solo sulla prestazione. Tra quattro giorni, la prima bandiera a scacchi della stagione ci darà, forse, le prime risposte.

Fonte: https://www.gazzetta.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *