Motomondiale, fenomeno Honda NR500: il progetto segreto che non vinse mai

Lanciata dalla Honda in classe 500 nel 1979 con un progetto segretissimo, una quattro tempi nel Motomondiale che si rivelò un flop clamoroso nonostante il motore potesse superare i 20mila giri. Poi divenne un modello da strada super esclusivo, in soli 322 esemplari dal valore esorbitante

Roberto Pontiroli Gobbi

C’è solo una moto al mondo la cui tecnologia, anche a oltre quarant’anni di distanza, è ancora avveniristica. Il motivo? I pistoni ovali. Una tesi di alta ingegneria applicata a un motore a scoppio. Questo progetto ha una sigla inconfondibile, NR, e fa capo alla più grande industria motociclistica del mondo: la Honda. La leggendaria NR 500, infatti, pur avendo visto la luce nel lontano 1979, profuma tuttora di fantascienza. Tale progetto non ebbe la fortuna sperata, ma quel motore fece girare la testa agli ingegneri di tutto il mondo.

la honda nr oggi

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Da questa mezzo litro da Gran Premio, apparsa nel 1979, derivò nel 1987 una 750 da Endurance e successivamente, nel 1992, una 750 stradale che venne realizzata in appena 322 esemplari. Una settemmezzo tanto bella quanto proibitiva nel prezzo, che ora, pur essendo relativamente recente, è ambita e supervalutata dai collezionisti di tutto il mondo. Una sfida tecnologica, quella lanciata dalla Honda nel 1979, che vale la pena raccontare e ripercorrere. Quando nell’agosto di quell’anno fece la sua prima apparizione nel paddock di Silverstone, tutti gli occhi erano su di lei. Se a dieci metri di distanza fosse sceso un extraterrestre da un disco volante avrebbe destato meno interesse, perché il vero ET era proprio lei: quella NR 500 che segnava il ritorno della Honda ai Gran Premi dopo uno stop di dodici anni dal palcoscenico iridato.

nr, progetto top secret

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Naturalmente la NR era circondata da una cortina di riserbo impenetrabile. Roba da Kgb. Protetta com’era da sguardi e obiettivi indiscreti; si sapeva solo che aveva il motore quattro tempi. Tutto il resto era top secret. Poi, sbirciando il contagiri, la zona rossa era a una quota stratosferica: 20.000 giri. E questo aveva portato scompiglio nel mondo veloce che conosceva solo i due tempi. Per quello storico esordio la Honda scelse due piloti che non erano top rider della classe regina, ma erano comunque molto esperti: il giapponese ex iridato della 350, Takazumi Katayama, e lo specialista inglese dei circuiti TT, Mick Grant. Quel debutto sulla pista britannica, però, peggiore non poteva essere. I due solo per miracolo riuscirono a schierarsi in griglia di partenza. Il giapponese era staccato di circa sette secondi dal poleman Kenny Roberts, mentre l’inglese era fuori dai tempi e partì solo perché cavallerescamente alcuni piloti gli cedettero il loro posto per consentirgli di schierarsi in ultima fila al fianco del compagno con gli occhi a mandorla. Anche se le immancabili malelingue sostenevano che la Honda “convinse” quei piloti con una bella manciata di dollari. Ma in corsa la situazione non migliorò, anzi. Grant, dopo aver fatto una fatica improba per farla andare in moto al semaforo verde, concluse subito la sua gara abbattendo le reti di protezione alla prima curva del primo giro. Una conseguenza diretta riconducibile proprio al crollo fisico causato dall’aver spinto per centinaia di metri la sua NR. Katayama, invece, si fermava con il motore ammutolito tre giri dopo il k.o. del compagno. Morale: una catastrofe. Insomma, la NR 500 si rivelò un flop fin dal suo avvio. Avvio nel senso più completo del termine, visto che aveva sempre grosse difficoltà alla partenza, che allora avveniva a spinta a motore spento.

un mistero chiamato nr

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Comunque sia, sulla NR 500 erano nate autentiche leggende. Sui giornali era un festival di illazioni sull’architettura di quel motore; qualcuno scrisse perfino che aveva i pistoni in ceramica. Oltretutto erano tutti muti come pesci: non c’era verso di strappare una parola né ai piloti, né ai meccanici. Da quel motore poi fuoriuscivano due tubi di scarico per ogni cilindro. Ma non poteva essere un otto cilindri perché i regolamenti vietavano tale frazionamento. Un vero mistero. Così, con le minacce di reclami di altri team che avrebbero previsto sgraditi smontaggi in sede di verifica, la Honda, messa alle strette, fu costretta a svelare l’arcano: quel motore era un quattro cilindri a V di 90°, aveva i pistoni ovali, ognuno sorretto da due bielle, con otto valvole per cilindro disposte su due file parallele, otto candele e quattro carburatori doppio corpo. Il tutto per una potenza, mai dichiarata ufficialmente, di circa 110 Cv, a regimi spaziali. Ma quel progetto così avveniristico e temuto, in cui la Honda investì cifre folli, non diede mai risultati. Neanche col contagocce: quella moto era fragilissima sia come potenza che soprattutto accelerazione, nettamente inferiore alle quattro cilindri due tempi Suzuki RG e Yamaha YZR 500, che sistematicamente le rifilavano distacchi abissali sul giro. Eppure, nonostante l’inizio disastroso, quella moto metteva paura a tutti. Formula 1 compresa, visto che la FIA, sollecitata dagli altri costruttori, inserì una specifica regolamentare, tuttora in vigore, in cui imponeva i pistoni esclusivamente di forma circolare.

la nr in gara: delusioni e sfottò

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La NR appariva a corrente alternata, ma ogni volta che scendeva in pista erano sempre delusioni. Addirittura qualche volta nemmeno riusciva a qualificarsi nelle prove. Nel 1980 il telaio monoscocca fu sostituito da uno più tradizionale in tubi e vennero abbandonati i radiatori laterali. Ma nonostante questa evoluzione con scelte più convenzionali, il podio restava un traguardo irraggiungibile. Solo in un’occasione ebbe uno sprazzo di gloria: a Silverstone nel 1981 quando l’allora quasi sconosciuto Freddie Spencer, schierato occasionalmente dalla Honda per quel GP, fece alcuni km in testa. Ma fu un’illusione: dopo pochi giri rientrò ingloriosamente ai box col motore bollito. Di lì gli sfottò giocati sulla sua sigla. Nel paddock la NR, che significava “New Racing”, veniva denominata “Never Ready”, ossia mai pronta, oppure “Never Running”, mai in corsa. Si rivide per l’ultima volta nell’82, guidata da Ron Haslam. Ma la musica non cambiò. In quattro stagioni non riuscì a ottenere nemmeno un punticino iridato. Le uniche soddisfazioni, ma piccole piccole, arrivarono da qualche gara inglese, dove Grant mise dietro un grappolo di meteore locali, con la vittoria in una prova AMA a Laguna Seca con Spencer e con l’affermazione a Suzuka del collaudatore Kiyama. Poca roba rispetto all’enorme dispendio di energie profuse dalla Honda in quell’avventura tecnologica. Durante quegli anni il colosso dell’ala dorata dichiarava che il suo interesse era rivolto unicamente al quattro tempi e solo con quel tipo di motore avrebbe dato l’assalto al Mondiale.

il riscatto delle honda due tempi

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Affermazione che poi regolarmente venne smentita dai fatti, visto che nell’82 la Honda, per salvare la sua immagine da quell’imbarazzante figuraccia, fece esordire la NS 500, tre cilindri due tempi con ammissione lamellare. E con quella moto le soddisfazioni arrivarono quasi subito: nell’83 vinse il Mondiale con Spencer. Ma l’impegnativo progetto NR non venne del tutto abbandonato, tant’è che a cinque anni dall’ultima uscita in gara della NR 500, arrivò nel 1987 la NR 750 Endurance derivata direttamente dalla “mezzo litro”.

ennesima delusione honda

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Schierata nella 24 ore di Le Mans del 1987, anche la NR 750 si rivelò fragile e nella maratona francese fu costretta al ritiro già alla terza ora per un problema a una bronzina. La NR 750 venne quindi inviata in Australia per partecipare alle Swann Series, un minicampionato spesso utilizzato dalle case giapponesi nella pausa invernale per provare nuove soluzioni prima della stagione mondiale. Malcom Campbell concluse il torneo al terzo posto, vincendo una delle tre prove. E quella fu l’ultima apparizione in gara di una “oval piston”. Cinque anni dopo, nel 1992, fu presentata la versione stradale. Era bellissima, ma per pochi eletti perché aveva un prezzo esorbitante: circa cento milioni di lire. Anche i ricambi erano allineati al suo status. Qualche esempio? “Una candela costava l’equivalente di 123 euro iva esclusa oggi — rivela Sandro Pizzuti, ex tecnico Honda che ha spesso lavorato sulla NR 750 — un pistone 1.031 euro, le fasce di un solo pistone 478, ogni cilindro 5.411 euro, il faro ben 3.554, mentre le ruote in magnesio costavano 3.695 euro l’anteriore e 4.620 la posteriore. Tutti prezzi Iva esclusa che sicuramente ora saranno aumentati vertiginosamente visto che risalgono a una decina di anni fa”. Il suo propulsore erogava 150 Cv a 16.000 giri ed era alimentato a iniezione.

i record di capirossi sulla nr

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Inoltre con la NR 750, nel 1993, l’allora giovanissimo campione del mondo della 125 Loris Capirossi, stabilì numerosi record di velocità sull’anello di Nardò, fra cui il chilometro da fermo, con velocità d’uscita a 299,825 km/h, e i 10 km, sempre con partenza da fermo, alla media di 283,551 km/h. Una prova finalizzata a dimostrare le potenzialità della “fuoriserie” giapponese. Ad ogni modo, dopo la preziosa 750, quella soluzione avveniristica non fu mai trasferita nella grande produzione, perché troppo costosa e, all’atto pratico, non indispensabile. “Il progetto del pistone ovale che univa due pistoni in uno trasformando di fatto un otto cilindri in quattro – rivela un ingegnere Honda – era un’idea partita da zero per dribblare il frazionamento limitato a quattro cilindri imposto dai regolamenti dei Gran Premi. Ma costruttivamente presentò enormi difficoltà. La complicazione maggiore fu nella parte rettilinea di cilindri, pistoni e segmenti che richiesero lavorazioni totalmente innovative per garantire nella parte retta la stessa tenuta dei gas rispetto alle zone circolari. Se poi la analizziamo in termini di prestazioni, quelle della NR 750 erano praticamente analoghe alla CBR 900 Fireblade che apparve quasi in contemporanea. Con la piccola differenza che la CBR costava circa il 15 per cento della oval piston. Del resto la NR era una moto d’elite e come tale andava considerata in ogni suo aspetto”.

nr, esclusiva in tutto

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L’ingegnere svela poi una serie di aneddoti curiosi legati all’aristocratica 750. E aggiunge: “Essendo un prodotto estremamente elitario, la Honda ne improntò il marketing puntando su tale immagine. La NR 750, le cui chiavi erano in argento, fu infatti presentata alla stampa a Ginevra, nel più esclusivo circolo di golf svizzero alla presenza di mister Takeo Fukui, l’allora responsabile del reparto Ricerca e Sviluppo. Fukui, che poi diventò presidente della Honda, fu il progettista che volle riaprire il capitolo NR con la 750, dopo il deludente trascorso nei Gran Premi con la 500. La NR 750 “numero 1” fu messa all’asta e il suo ricavato devoluto all’Unicef. A quell’asta gestita da Sotheby partecipò anche Claudio Castiglioni, il signor Cagiva, che però si arrese ai ripetuti rialzi di un olandese che poi se la aggiudicò”. Anche la sua assistenza postvendita era esclusiva. “In ogni nazione fu creato un team itinerante di specialisti, che si spostava di volta in volta nei concessionari locali per intervenire in caso di emergenza”.

Fonte: https://www.gazzetta.it

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