Portimao: l’analisi tecnica con le velocità di punta. E Rossi…

Ducati sempre dominante nelle velocità di punta ma è l’assetto complessivo che incide maggiormente. Rossi in difficoltà per il surriscaldamento della gomma posteriore

Pur definito campionato del mondo di velocità, nel motomondiale e specificatamente in MotoGP, la velocità massima di una moto non è tutto e, comunque, non è la caratteristica principale per vincere una gara. Così come in MotoGP non conta solo la potenza dei motori ma come tale potenza viene erogata.

Oggi, la punta velocistica che una MotoGP può esprimere sul dritto di un circuito (specie su rettifili quali quelli del Mugello, di Losail, di Portimao, come una volta quelli di Monza, Hockenheim, Spa-Franchorchamps, Le Castellet, Salzburgring) resta un punto di forza ma è il “set-up”, il miglior equilibrio espresso dal mezzo e dal mix pilota-moto nel tempo sul giro e sul passo gara che alla fine fa la differenza.

la potenza nel tempo

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Per capire quel che succede rapportiamo una MotoGP attuale con la migliore moto della classe regina, la 500 cc totalmente priva di elettronica, di metà anni Sessanta. La MV Agusta 500 4 cilindri del 1965 ex Mike Hailwood (la prima plurifrazionata mezzo litro guidata da Agostini) superava i 70 Cv, 160 Kg di peso, oltre 270 Km/h mentre la successiva MV 500 3 cilindri del 1966 (la moto per eccellenza di Agostini) aveva 90 Cv, 130 Kg di peso, toccando i 290 km/h. Le attuali MotoGP 4 cilindri quattro tempi di 1000 cc da oltre 160 Kg di peso “infarcite” di elettronica e calmierate dal monogomma puntano oramai ai 300 Cv con velocità massima superiore ai 350 Km/h (la Ducati di Zarco sul rettifilo di 1.068 metri di Losail ha toccato i 362,4 Kmh!): un missile! E anche ieri in qualifica a Portimao sempre Zarco è svettato sulla Ducati a 345 Km/h!

come funziona la motogp

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Pur congelata da regolamenti che dovrebbero frenarne lo sviluppo tecnico e quindi potenze e velocità, la MotoGP fa “volare” le sue moto: ciò grazie all’evoluzione dell’aerodinamica, specie alle carenature ricche di ali e profili di dubbio gusto estetico ma di straordinaria efficacia pur con i rischi per la sicurezza. Sopra i 300 Km/h le attuali MotoGP accelerano ancora anche se a tali velocità la resistenza aerodinamica sul davanti, riduce il peso sulla ruota causando instabilità. L’anti-wheeling funziona nel riportare la ruota anteriore a terra ma i piloti lo usano meno perché così si taglia la potenza rallentando l’accelerazione della moto e alzando di conseguenza il tempo sul giro. Da qui l’esigenza di lavorare di più sull’aerodinamica e l’idea del sistema di alette invertite (l’opposto di quel che avviene per far decollare gli aerei) che danno un supporto aerodinamico impedendo il sollevamento della ruota. Insomma, siamo tornati, pur in un contesto tecnico-agonistico totalmente diverso, ai tempi della forte evoluzione aerodinamica quando le grandi Case motociclistiche usarono nel dopoguerra le carenature “a campana” (inventate dalla Moto Guzzi nella sua avveniristica galleria del vento) trasformando le moto Grand Prix in oggetti spaziali, poi abolite per “motivi di sicurezza”, specie per la eccessiva sensibilità al vento laterale.

la motogp… da dietro

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Resta il fatto che per segnare buoni tempi sul giro e puntare al podio oggi più che mai il pilota deve adattare la sua guida alla gestione elettronica del posteriore della propria moto. L’esempio più eclatante viene da Valentino Rossi, in forte difficoltà nei primi due round mondiali di Losail e anche in prova e in qualifica a Portimao (17° tempo): l’asso pesarese non trova il feeling con la sua M1 perché evidentemente non è ancora riuscito ad adattarsi a portarla al limite con queste appendici alari. Con lo sviluppo dell’aerodinamica e con l’uso di ali anteriori che – come detto – caricano il davanti della moto in curva e in accelerazione i migliori piloti gestiscono la coppia e la potenza all’antica, cioè più con l’acceleratore che con gli ausili elettronici, i quali — così succede a Rossi — fanno pattinare la ruota posteriore che si surriscalda perdendo aderenza. Ed ecco il lamento del Dottore sulla gomma che scivola. Problema legato al suo tipo di guida forse anche per un uso del track control più accentuato di altri che gli consente maggior sicurezza con minor rischi provocandogli però quei problemi alla gomma di cui sopra. Assommando questi problemi con difficoltà della sua M1 nella velocità di punta i risultati sono quelli che sono.

motogp, le velocità a portimao

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Queste le velocità ieri in Q2 e Q1. In Q2 quattro Ducati ai primi quattro posti: Zarco 345; Miller 341,7; Bagnaia 339,6; Marini 337,5; A. Espargaro (Aprilia) 337,5; Quartararo (Yamaha) 334,3 alla pari con Rins (Suzuki); Marquez (Honda) 332,3; Viñales (Yamaha) 331,2; Mir (Suzuki) 330,2; Oliveira (Ktm) 330,2; Morbidelli (Yamaha) 328,2. Le velocità della Q1: Bastianini (Ducati) 338,5; A. Marquez (Honda) 337,5; Petrucci (Ktm) 336,4 come Lecuona (Ktm), Savadori (Aprilia) e Binder (Ktm); P. Espargaro (Honda) 334,3 come Rossi (Yamaha) e Marc Marquez (Honda); Mir (Suzuki) 329,2.

Fonte: https://www.gazzetta.it

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