Petrucci e la sua Dakar: “La consiglio, Dovizioso e Marquez ce li vedrei”

Il pilota Ktm svela i retroscena della sua esperienza al raid: “È una lotta con l’istinto. Devi accettare di non poter controllare tutto e la paura è un bene perché limita i rischi. I trasferimenti alle 3 del mattino prima delle speciali erano una tortura”

Freddo costante, alberi con gli aculei e senso del pericolo che fa da collante tra i partecipanti. Danilo Petrucci, 11 giorni dopo, spalanca, insieme a un sorriso, le porte della sua Dakar: ne escono gioie ma anche uno sciame di difficoltà, da cui il pilota Ktm, toglie ogni velo. Racconta allora la corsa e la sviscera, in diretta Instagram con Nolan, suo sponsor da 12 anni, a suon di aneddoti e di qualche lacrima di genuina commozione: la Dakar l’ha forgiato.

Dakar, basta la parola

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“Ho scoperto che è difficile anche solo raccontarla…”. Ma poi il nastro lo riavvolge, e bene, con la sua proverbiale simpatia convertendo in una risata anche i momenti difficili, a partire dal pronti via quando, alla terza tappa, non deve essere stato molto gradevole ritrovarsi con un fusibile rotto e con un portafogli perso: “Per sbaglio poi ho bloccato la carta di credito sbagliata, quella che era rimasta con me”. Ride. Oltre al danno la beffa per il ternano che si addentra ancor di più tra le pieghe della Dakar: “È un’esperienza unica ma demolisce”. E sono tante le spine con cui convivere nel rally a dune: “I trasferimenti alle 3 del mattino prima delle speciali erano una tortura”.

Insidie come gatti

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E poi quando finalmente si iniziava, le insidie erano sempre in agguato: “Non c’è la comodità del box a portata di mano, devi improvvisarti meccanico e poi capire che per guadagnare due secondi potresti perdere tutto. Scollinamenti, dune, non sai cosa ti capita. È una lotta con l’istinto. Devi accettare di non poter controllare tutto e la paura è un bene perché limita i rischi. Anche se ci sono piloti che danno pochissimo valore alla loro vita. Quando guidi da così tante ore devi stare solo calmo: ogni tanto fai fatica solo a pensare e mangiare è importante. Come a scuola, anche se non studiavo molto, quando a un certo punto non ci capisci più niente e devi fare una pausa. Nei bivacchi poi eravamo in 5000 con tutti i problemi organizzativi del caso” . Non una passeggiata dunque: “Inizialmente volevo andare lì per vedere il panorama ma poi mi sono fatto prendere la mano. Mi avevano detto di andare piano e invece…” E non ha alcun rimpianto: “È stato un bene alla fine che sia stato subito fuori dai giochi così ho corso senza pressione, mi sentivo libero”. E il panorama, rannicchiato nella concentrazione che la Dakar richiede, è stato quasi impossibile da scorgere, alberi con le spine che sfondano i paramani a parte. Neanche nello stringato tempo libero dove la sopravvivenza era l’unico leit motive: “La mia attività preferita era mangiare. Mangi alle 3 poi ceni alle 7 alle 8.30 dormi”.

Insulti… sbagliati

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Incastonati nel racconto di Petrucci non mancano gli aneddoti simpatici: “Mi ero perso e ho chiesto informazioni a un francese sulla strada da imboccare, lui era già passato. Non mi ha risposto. Capita la via allora ho fatto di tutto per raggiungerlo. Volevo mandarlo a fa****. L’ho fatto: non era lui.” E ancora: “La pipì, mi sono reso conto del problema quando già ero partito. La facevo in piedi come i ciclisti. Un giorno mi sono accorto di aver rotto la fibbia della tuta che non si chiudeva più”. Ancora risate.

Rose nel deserto

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Ma tra le spine, sono tante anche le rose del deserto della Dakar: “ La cosa bella era che eravamo tutti insieme: dal primo pilota all’ultimo degli amatori e il senso del rischio comune ci univa. Ho sentito tante storie straordinarie: il mio compagno di squadra si è venduto tutto per fare la Dakar. C’erano persone poi che correvano con mezzi con cui non sarei andato neanche a bere il caffè.” Un’esperienza che rifarebbe e che “sponsorizza” ai colleghi di MotoGP: “Quando sei lì non vedi l’ora di finire ora che sono tornato, quasi quasi tornerei subito lì. La consiglio a tutti, Mir mi ha detto gli sarebbe piaciuto provare. Ma anche gli altri ne avrebbero le capacità, se sei arrivato in MotoGP un motivo c’è. Dovizioso e Marquez ce li vedrei come chiunque abbia buone capacità nel fuoristrada ”. Ora per Petrucci ancora qualche giorno di riposo “Mi fa male anche a fare le scale: ho perso pelle sangue , capelli, tutto quello che potevo perdere” e poi ecco i test Sbk con la Ducati Panigale V4 in ottica MotoAmerica: per il ternano già si spalancano le porte di una nuova avventura.

Fonte: https://www.gazzetta.it

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