BMW, Redding non basta. Motore, elettronica, team: che fatica la scalata al vertice

La casa bavarese non è ancora riuscita a fare quel balzo di competitività che insegue da tempo. Analisi dei problemi di una scuderia che probabilmente è chiamata a scelte più coraggiose in Sbk

Massimo Falcioni

Archiviati i primi due round stagionali di Aragon e Assen, la Superbike prende una pausa prima di approdare all’Estoril (21-22 maggio) e a Misano (11-12 giugno). Un mondiale, questo del 2022, a due facce: da una parte Bautista (Ducati), Rea (Kawasaki), Razgatlioglu (Yamaha) a giocarsi in ogni gara i tre gradini del podio e dall’altra tutti gli altri che il podio lo vedono solo se davanti si eliminano, come accaduto fra Rea e Razgatlioglu in gara 2 ad Assen. Insomma, un campionato a due velocità, con tre protagonisti assoluti e tutti gli altri a giocarsi il primo posto fuori dal podio. Fra i comprimari c’è Scott Redding sulla Bmw, il britannico vice campione del mondo Sbk 2021 con la Ducati con 7 vittorie, 10 secondi posti e 5 terzi, e quest’anno al momento 12esimo in classifica generale con 19 punti contro i 109 del capoclassifica Bautista seguito da Rea (91) e da Razgatlioglu (64). 

delusione

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Parlare di delusione, in riferimento a quanto fatto fin qui dal binomio Redding-Bmw, è poco visto il pedigree del pilota e il blasone della casa di Monaco. Delusione non certo mitigata dal ritorno di Redding nella top five di gara 2 ad Assen, quinto anche grazie all’uscita del duo di testa Rea e Razgatlioglu, comunque a quasi 15 secondi (14,672) dal vincitore. Una delusione, però, annunciata. Perché? Perché, come dimostrato anche dalle pesanti difficoltà dagli altri piloti in sella alle moto tedesche (il migliore è Loris Baz del team privato Bonovo, 10° in classifica con 28 punti) c’è una questione di competitività della Bmw. Già nel pantano nelle ultime stagioni, a Stoccarda pensavano che fosse una “questione di manico” e che quindi, dato il benservito all’ex campione del mondo Tom Sykes, ingaggiando un campione in palla come Redding, sarebbero arrivati i risultati, compreso l’agognato titolo. Ma non è stato così e, senza una decisa svolta tecnica, la situazione non migliorerà, anzi potrebbe addirittura peggiorare.

gomme mangiate

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Questa Bmw con questo motore (peraltro ottimo per la moto di serie, al top di vendite) che esprime la sua potenza (attorno ai 220 CV) “in alto” non è competitiva soprattutto per la scarsa guidabilità e per come “mangia” le gomme. Anche in Sbk, così come in MotoGP, la potenza del motore serve ma non è tutto perché decisivo è come tale potenza viene erogata, come si traduce sulle gomme, come viene gestita dal pilota in ogni circuito per ottimizzare la guidabilità, per dare più carico aerodinamico sulla ruota anteriore migliorando l’inserimento in curva e ridurre le impennate in accelerazione che fanno alzare il tempo sul giro. Insomma la competitività è data dall’equilibrio di tutte le componenti che permetta alla moto di mettere a terra tutta la sua potenza e consenta al pilota il massimo feeling e la possibilità di esprimere tutto il proprio potenziale come “manico”. 

ordine di scoppio

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In Bmw pensavano di poter gestire convenientemente la curva di potenza con l’elettronica. Così non è stato e così non sarà proprio per le caratteristiche del motore 4 cilindri in linea. Un problema anche per altre case, come la Yamaha, che lo ha risolto cambiando l’ordine di scoppio. Anche in Bmw, con quello schema di disposizione del motore, devono decidersi a dare una svolta facendo girare il motore in senso antiorario in modo da non avere l’effetto giroscopico con i problemi conseguenti. Va poi modificato il volano, appesantendolo, così da rendere più dolce la connessione fra l’acceleratore e la spinta del motore sulla ruota posteriore. Risulta che tutti cambino i pesi e l’inerzia dei volani, a seconda dei circuiti. C’è anche l’handicap del motore in posizione eccessivamente bassa che, se favorisce la guidabilità sui curvoni veloci, crea problemi di stabilità nei cambi di direzione sui circuiti misti. Infine, c’è da lavorare sull’aerodinamica. Si dirà: la SBK non è la MotoGP ed è vincolata da regolamenti tecnici ancora più restrittivi. Vero. Ma in questo caso bastava (basterebbe) omologare un motore diverso, in funzione delle esigenze di una moto competitiva nel mondiale delle derivate di serie. 

i problemi del team

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C’è, infine, una questione di Team. Mancando (in Italia) un “Test-Team” (come quelli di Ducati e Yamaha) Bmw, sostanzialmente, fa lo sviluppo della sua moto da corsa nel weekend di gara. Così le moto girano poco e i problemi, invece di risolversi, si assommano. Ora un aiutino arriva da Dorna, Fim e Msma, concedendo sei giorni di test extra a chi, come Bmw (e anche Honda HRC), è in difficoltà. Su questo, aveva ragione Marc Bonger, l’ingegnere olandese capo del reparto corse di Monaco: “Per chi resta indietro nello sviluppo, il limite di dieci giorni di test è un handicap pesantissimo”. Ma c’è il rischio di una nuova illusione. Visti i problemi strutturali delle attuali Bmw e il livello di competitività di Ducati, Yamaha e Kawasaki, non è difficile capire che non sarà un test in più a portare in prima fila Redding e i suoi compagni. Ai vertici della grande casa tedesca, che pure investe come nessun’altra in Sbk, serve forse più coraggio, per guardare in faccia alla realtà e voltar pagina. Dal rientro in forma ufficiale del 2019 il progetto BMW Motorrad è andato avanti col “passo del gambero” senza uscire mai dal tunnel. Insistere senza una svolta, con questo motore, con questa moto, con questo team, potrebbe non essere vincente.

Fonte: https://www.gazzetta.it

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