Ricordo di Ramon Torras, morto giovane in pista per comprare casa alla mamma

Il pilota catalano della Bultaco rimase vittima di una caduta fatale nel corso di una gara nazionale nel 1965. Era considerato astro nascente del motociclismo iberico che poi iniziò a sfornare campioni, da Angel Nieto fino ai Marquez e agli Acosta di oggi  

Massimo Falcioni

Come Giacomo Agostini, Ramon Torras era nato nel 1942, sei mesi dopo, il 22 dicembre. Anche se l’esile e modesto pilota spagnolo di etnia catalana ripeteva che in effetti in famiglia dicevano che era nato non il 22 dicembre, ma il 23. È fuori discussione però la data della morte, avvenuta a 22 anni poco più, il 30 maggio 1965 per un incidente di gara nel “Trofeo Nazionale Brisamar” di Coma-ruga quartiere di El Vendrell, presso Barcellona. Il classico circuito triangolo “inventato”, con tre rettilinei formati dalle uniche strade asfaltate del quartiere, non prive di buche e sobbalzi. Il simpatico gitano, considerato astro nascente del Motomondiale, si era iscritto alla corsa nazionale di scarso rilievo per le pressioni di un fan club locale e, soprattutto, per testare la nuova Bultaco 125 monocilindrica 2 tempi in vista dell’attesissimo round mondiale di metà giugno al Tourist Trophy dell’Isola di Man. Pioggia battente e gran vento accolgono allo start i cinque piloti (sì, solo cinque!) della ottavo di litro: Maurici Aschi, Enric Escuder, Josè Medrano, Salvator Canellas e lo stesso Torras. La nuova accensione montata sulla Bultaco ufficiale fa le bizze lasciando Ramon al palo. Poi, fra nugoli di fumo, spinto dal suo unico meccanico e dall’urlo degli aficionados, Ramon lancia la sibilante monocilindrica prodigandosi in un inseguimento-show ma finendo presto a terra, causa l’asfalto allagato. Riparte ancora, ultimo, tentando una nuova rimonta, fra due ali di folla impazzita. Riaggancia l’ultimo avversario e via via riprende gli altri fuggitivi. A cinque giri dal termine guadagna la testa del quintetto dopo aver superato il matador Medrano. All’ultimo giro, si dice per evitare uno spettatore sceso avventatamente in strada per “spingere” il suo beniamino, Ramon perde il controllo del suo bolide volando fuori pista e finendo contro un albero. Subito soccorso, veniva trasportato nel vicino ospedale Banco Hispano Americano per passare poi, viste le condizioni critiche, nella clinica Monegal di Tarragona, dove però non si è potuto fare altro che certificarne la morte. 

grandi onori

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Ramon non aveva ancora 23 anni. Sarà poi deposto a Sabadell con tutti gli onori, davanti a una folla commossa. Ramon Torras, grande talento come il suo amico Santiago Herrero, entrambi campioni “senza corona”. Torras e Herrero sono stati “maestri” di Angel Nieto che di mondiali ne farà incetta (12+1 titolo iridato) aprendo poi la strada alla grande ondata iridata dei campioni spagnoli arrivata fino ai giorni nostri, con Marc Marquez e Pedro Acosta esponenti di spicco. Nel 1965, Ramon Torras era nella sua grande stagione di lancio internazionale, pronto a entrare nell’olimpo dei campioni consacrati. Era già, a 22 anni, il corridore più ricercato dalle grandi Case con proposte di ingaggio da due colossi quali Honda (per la 125 e 250) e MV Agusta (per la 350 e 500). La Benelli gli aveva offerto un test segreto con le sue 250 4 cilindri. La Kreidler lo voleva numero 1 sulle sue 50 cc. Torras ringraziò tutti come sempre e come sempre a modo suo, senza parole, con un cenno di mano e un sorriso a metà. Il contratto con la Bultaco scadeva l’anno dopo e Ramon non poteva che rispettarlo dopo che era stata proprio la iconica Casa di Barcellona a lanciarlo a livello internazionale con la vittoria del 19 marzo 1963 a Modena, uno straordinario e inaspettato “veni vidi vici”. 

duro in pista gentile fuori

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Come i suoi predecessori spagnoli, Torras era un corridore-cascadeur, in pista sempre con il coltello fra i denti quanto cortese e disponibile fuori, di grande modestia. Aveva già subìto tre incidenti gravi, superati grazie alla volontà di non mollare mai perché, diceva: “Le corse sono la mia vita”. Dopo ogni batosta e dopo ogni degenza in ospedale era tornato a battersi con immutato ardore, più forte di prima. Dieci giorni prima della caduta mortale, Ramon aveva trionfato sul difficile e pericoloso circuito internazionale di San Remo-Ospedaletti battendo niente meno che Renzo Pasolini. Il campione riminese si complimentò con il giovane spagnolo ricevendone a sua volta elogi: “Sono felice di aver battuto un fuoriclasse come te – disse Ramon al Paso – ma ho ancora tanto da imparare e tu per me sei un grande esempio di corridore, in pista e fuori”. Un ragazzo campione di modestia, pieno di vita, pronto a rischiare la vita in pista per rubare al tempo un decimo di secondo, per guadagnare il podio, puntando a quella corona iridata che non avrà mai causa il destino avverso. 

la telefonata mai arrivata

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Nei weekend di gara Ramon dormiva e mangiava nel suo traballante van. Pochi soldi in tasca, ma ogni sera dopo le prove e dopo ogni gara, cercava i suoi gettoni per telefonare a casa e rassicurare sua madre, sempre in ansia. “È andato tutto bene, mamma! Sta’ tranquilla!” parlandogli anche dell’ingaggio ricevuto: “Presto potrai disporre di soldi per comprare la casa dove sei nata”. Poi la telefonata che quel 30 maggio 1965 non arrivava mai e non sarebbe mai arrivata. Ramon era il più giovane di quattro fratelli e da ragazzo era stato prima in asilo dalle Suore Cappuccine e poi nel collegio della Maristi a Sabadell. Quindi la passione per la meccanica, per le motociclette, per le corse. A 16 anni, la prima gara vittoriosa in motocross. L’anno dopo il debutto nella velocità e di lì a poco la firma con Francesc Xavier Bultò, patron della Bultaco. Prima stagione, prime quattro vittorie nel campionato spagnolo 125 e nel 1962 campione nazionale e prima vittoria internazionale sul circuito di Snetterton. A fine stagione il debutto mondiale a Monza, chiuso male, con una caduta. Il 1963 in grande spolvero: tante vittorie in Spagna e il trionfo a Modena, la prima volta in una corsa internazionale per la Bultaco TSS. Ancora una caduta nel mondiale a Monza, quando lottava per il podio. A Pau il primo incidente grave con 6 mesi d’ospedale. Gran rientro nel 1964: 4 titoli nazionali in diverse categorie, secondo posto in 125 al GP di Monza, doppia vittoria nella 250 ad Albi e a Pau, un nuovo podio a Cesenatico, trionfo in 250 a San Remo e ancora podio nella 125. A fine stagione terzo al GP dell’Ulster. Insomma risultati e prestazioni ammirevoli, per di più su mezzi che a livello mondiale non erano certo competitivi. Il 1965, per Ramon, doveva essere l’ultima stagione di “rodaggio” prima di entrare pilota ufficiale di una grande Casa e giocarsi il mondiale. Ma per lui il destino aveva altri programmi.

Fonte: https://www.gazzetta.it

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