Dakar | Il dietro le quinte della lotta Sainz-Loeb

Un ultimo giro di giostra. O forse di valzer, dipende dal momento, poco importa a ben vedere. La questione rimane molto semplice: nel suo ultimo anno, Audi ha la possibilità di centrare il colpaccio. Quel trofeo Tuareg che nelle ultime due occasioni ha mancato. E’ un Golia gigantesco quello schiarato da Ingolstadt. Te ne accorgi subito. Primo perché nel bivacco di Al Ula si trovano in fondo, lontano da tutto e da tutti. Hanno una hospitality da Formula 1 – guarda il caso – sono pieni di ingegneri e lavorano con una sincronia scientemente coordinata. Robotici verrebbe da dire, non fosse che alla Dakar puoi impostare e pre impostare quel che vuoi, ma è il deserto che comanda. E lo vedi da quelle facce serie, seriose, con tanta pressione addosso.  

Davide contro Golia? 

Sainz ha la grande occasione certo, manca un ultimo sforzo. E in fondo il rivale gioca da solo. Sì perché Sainz ha dalla sua Peterhansel e Ekstroem che fanno gioco di squadra, mentre Loeb è rimasto solo. Mollato da Al-Attyah così, sul più bello.  

E se Audi è un Golia, BRX, intendiamoci, è un Davide. Al buio del Bivacco, con una tenda sola, l’Hunter smontato dopo una giornata difficile, ha il sapore romantico della sfida. Una radiolina passa musica – scadente – francese. Si beve una coca cola, e si fa il check-up della macchina, l’ultimo esemplare. Si perché poco distante c’è l’esemplare di Al-Attiyah, rimontato certo, ma tristemente fermo.  

Questioni tecniche 

Certo, la BRX ha fascino per quello stile così elegante ma massiccio, ma da smontata capisci che il progetto ha qualche anno. Per esempio, lo noti dagli ammortizzatori. Sulle Audi e sulle Toyota sono a un elemento, e poggiano sul tirante superiore. Così in caso di colpo importante, puoi salvarti. Ecco, vaglielo a dire a Loeb, che lotta anche contro il jack di un sistema idraulico che non sale in tappa e lo costringe a cercare una roccia dove sollevare la ruota per cambiare una foratura. Tempo perso? Troppi minuti.  

Ma anzi, gli è andata anche bene. Perché nel trasferimento della decima tappa, poco prima di iniziare, era lì, fermo sulla statale 70 a cercare di risolvere chissà che problema, salvo poi giungere alla partenza a pochissimi minuti dal via, facendosi letteralmente largo tra la folla, avendo il tempo di effettuare solo un “pit stop” d’emergenza vicino a un camion. Non ne gira bene una insomma.  

Ma d’altronde, questa è la Dakar. Gli ingredienti li devi avere tutti: esperienza, velocità, coraggio, intelligenza, tecnica, investimenti, squadra certo. Ma anche la sorte non deve andarti contro. Ecco perché in BRX, nonostante tutto, al Bivacco sistemavano la Hunter rilassati. Ecco perché in Audi, la professionalità degli ingegneri celava nel buio, volti tesi.  

Visti da vicino 

Che poi, facile raccontare la Dakar da un’immagine televisiva o dall’elicottero, o da un cronometro (che poi rimane sempre quello che tiene banco). No, per capirla la Dakar devi viverla da pochi metri. Passare sulle rocce taglienti, tra la sabbia compatta si, ma anche morbida, che ti fa capire quanto questo mondo sia insidioso, complicato, tormentato. Appostato a chissà che chilometro della speciale dieci, vedi passare protagonisti su due o quattro ruote, e li vedi volare, fluttuare, galleggiare in costante competizione con se stessi, il sole, la fatica, i problemi, l’avventura e la velocità. E, come detto, la sorte. Che ti volta le spalle in pochi attimi.  

Passa Loeb per primo in un tratto pianeggiante in cui si va full gas, salvo poi lasciare, mollare, frenare un minimo e infilarsi in una zona di dunette. Lo vedi così veloce e dici “è la sua giornata”. Sono le 12.00 nel bel mezzo del deserto di Medina – non so bene dove mi trovo, ma fa caldo – e usi un vecchio metodo che un giornalista veterano ti ha giustamente insegnato. Sai la distanza con cui sono partiti, hai visto Loeb passare: ora conta i minuti. Cinque, sei, dieci. Poi arriva Sainz. Con quel motore termico che continua a pompare a alti giri nonostante lo spagnolo abbia rilasciato, intraversato e infilato tra le dune il suo prototipo. Sta dando tutto, nonostante pensi che la classifica sia oramai ribaltata. E invece no.  

Questa è la Dakar, che crea sfide fino all’ultimo certo, ma anche storie come quella di Seth Quintero che, dopo un passaggio impervio che gli è costato una foratura, si ferma. Corre a piedi, sotto il sole cocente, e impedisce a Eugenio Amos sbracciandosi, su un’Hilux privato, di cadere nello stesso tranello. Amos che poi chiude la tappa al quarto posto. Ecco, questo è lo spirito della Dakar. E’ rivalità, anche aspra, ma perfino fratellanza. 

Toyota guarda al futuro 

 Al bivacco in Toyota si è tutti piuttosto sereni. Sanno che la vittoria finale è praticamente andata, ma sanno anche di aver posto le basi con Quintero e ancor più Morales, per un futuro mica male. Giovani, nuova generazione che si lega ai veterani. Età che si mischiano, in un bivacco dove la notte oramai regna incontrastata, spezzata dalle luci delle tende dove si lavora incessantemente. C’è chi pulisce, chi controlla sospensioni, chi addirittura fa delle saldature. E intanto, il via-vai di auto è inesorabile, tanto da sollevare continuamente polvere. Chi prova qualcosa, chi passeggia invece nel paddock per smorzare la tensione.  

E’ un mondo che fa convivere antico e moderno: trovi qualche ambasciatore che ti ricorda le parolacce di Meoni e le imprecazioni contro i GPS, e i prototipi che sembrano venire dal futuro dall’altro, il Classe G di Jacky Ickx, e perfino moto elettriche che stanno in carica. Alcune certo, perché quelle pulite e lucenti del team HRC sono in bella mostra mentre fanno un rabbocco. Poi ci sono anche gli allestimenti della comunicazione certo, perché in fin dei conti, il bivacco è un paddock si, ma nomade.

E molto impolverato. Insomma, tutto è coerente con il mondo del motorsport, ma in un involucro suo, una sua forma, plasmata dal fascino del deserto. E quindi, si certo, anche le tende immancabili di chi cerca di riposare. Perché il domani non aspetta, anzi. C’è un ultimo giro di giostra da fare. Poche tappe, insidiose e da correre con astuzia e intelligenza. Sainz contro Loeb, Audi contro BRX. Con Toyota pronta a fare da ago della bilancia.   

Fonte: https://it.motorsport.com

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