Cesenatico 1° maggio 1962, 60 anni fa il trionfo della Benelli 250 4 cilindri: quel bolide era fatto così

Il trionfo di Silvio Grassetti sulle Honda iridate di Tom Phillis, Taveri e Redman dimostrò che le case giapponesi non erano imbattibili

Massimo Falcioni

Sessant’anni fa, il 1° maggio 1962, la nuova Benelli 250 4 cilindri trionfava con Silvio Grassetti nella corsa pre mondiale del circuito internazionale di Cesenatico battendo le Honda iridate di Tom Phillis, Taveri, Redman, oltre alle Morini di Provini e Tassinari. Due settimane prima, il 15 aprile, nella Coppa d’Oro Shell di Imola, Phillis e Redman avevano tagliato il traguardo della duemmezzo “in parata”, confermando quel che era accaduto nella precedente stagione iridata, con le moto dell’Ala Dorata dominatrici nei mondiali 250 (4 cilindri 4 tempi vicine ai 45 CV e ai 14.000 giri) e 125 (2 cilindri 4 tempi da 22 CV a 14.500 giri). 

gara rocambolesca

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A Cesenatico, in una corsa rocambolesca con caduta iniziale di Grassetti per un ruvido contatto in curva con Provini seguito da un inseguimento-show dell’asso pesarese che supera uno dopo l’altro 24 corridori, la vittoria della Benelli con la sua nuova pluri frazionata dimostrava che il motociclismo italiano non aveva ammainato le sue gloriose bandiere e che le case giapponesi non erano imbattibili. L’impatto mediatico di quell’exploit è straordinario: Grassetti e la Benelli sono sulla bocca di tutti e vanno sulle prime pagine dei giornali, con servizi e interviste su radio e tv. Per il 26enne Grassetti è la consacrazione fra i big del motociclismo internazionale dove il campione pesarese sarà fra i protagonisti per oltre dieci anni, fino al 1974. Per la Casa del Leone, fondata nel 1911 e nelle corse fin dai primi anni ’20, è una forte spinta per valorizzare la propria immagine ed estendere le sue quota di mercato in Italia e all’estero. La sfida, dunque, si riapre sia sul fronte agonistico che su quello commerciale proseguendo, fra illusioni e delusioni, sin dall’apertura del mondiale 1962 nel GP di Spagna, la settimana dopo l’exploit di Cesenatico. 

noie tecniche

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Per l’intera stagione del ’62 Grassetti e la Benelli saranno protagonisti ma, per noie tecniche e per sfortuna, non vincenti. Idem nel 1963, con Grassetti (Benelli) secondo nel “tricolore” 250 alle spalle di Provini (Morini) – e primo nella 500 con la MV Agusta 4 cilindri – ma fuori gioco nel mondiale della quarto di litro, causa ripetuti problemi al motore del nuovo bolide. A fine 1963 ci sarà il cambio-piloti in vista del 1964: Provini, mancato per un niente il titolo mondiale, passa dalla Morini alla Benelli e Grassetti lascia Pesaro per Bologna dove alla Morini si troverà quale compagno di squadra il giovane Giacomo Agostini. L’arrivo del fuoriclasse piacentino darà la spinta alla Benelli per aprire una pagina nuova rivoluzionando la sua 250 4 cilindri. 

era fatta così

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Com’era tecnicamente la “duemmezzo” trionfatrice di Cesenatico 1962 e “base” della moto che nel ’69 conquisterà il titolo mondiale? Ovviamente, una Grand Prix tutta diversa dalla precedente monocilindrica, la gloriosa bialbero derivata dalla “rossa” iridata 1950 di Dario Ambrosini e portata in pista nel 1959 da Grassetti: superba moto ma arrivata tardi e non in grado, pur con i suoi 32 CV a 11.000 giri e 210 Km/h, di sostenere l’urto delle MV Agusta bicilindriche, delle bialbero Morini “mono”, delle MZ 2 tempi a disco rotante e tanto meno delle ultime arrivate, le Honda 4 cilindri. Le linee del nuovo motore 4 cilindri (già agli inizi degli anni ‘40 la Benelli aveva realizzato una innovativa 250 4 cilindri frontemarcia, con compressore, raffreddata a liquido, moto dalla tecnica sopraffina e dalle prestazioni straordinarie in prova ma messa out prima dagli eventi bellici e poi dai nuovi regolamenti) erano state tracciate fin dal 1958 dal giovane Ingegnere Aulo Savelli su indicazione del gran capo della Casa pesarese Giovanni Benelli. Il nuovo propulsore, con distribuzione bialbero comandata da una cascata di ingranaggi piazzata al centro, aveva i cilindri verticali e non ricalcava lo schema di altri plurifrazionati racing precedenti come Gilera, Guzzi, MV Agusta o attuali, come Honda. Ciò, soprattutto, per compattare il motore in lunghezza contenendo le dimensioni della moto e l’inclinazione della forcella anteriore. Quella prima 250 pluricilindrica, vista da vicino, esprimeva un senso di potenza e incuteva davvero timore. Il rombo prodotto dai quattro megafoni fatti a mano col martello da una lastra piana, incuteva timore e al contempo esaltava per la su melodia. 

all’avanguardia

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Una moto tecnicamente all’avanguardia mondiale. Invertendo, come già scritto, la tradizione, i quattro cilindri (alesaggio e corsa di mm 44 x 40,6 = 247,2 cc) sono ad asse verticale, raffreddamento ad aria. Fusioni in lega leggera speciale. La distribuzione a due alberi in testa, con due valvole inclinate per cilindro e molle valvole elicoidali (il quattro valvole arriverà dal ‘67 con Renzo Pasolini), è comandata da un treno di ingranaggi centrali, la trasmissione primaria è affidata a una coppia di ingranaggi con il minore posto sull’albero a gomiti fra il primo e il secondo cilindro di sinistra. Frizione a secco, cambio a sei marce (poi a sette e test anche con l’otto marce), alimentazione con quattro Dell’Orto da 20 mm, accensione a batterie con quattro bobine e ruttore quadruplo, lubrificazione a carter secco e serbatoio dell’olio separato. Altre caratteristiche: le bobine posizionate sotto il trave superiore del telaio, il serbatoio dell’olio sotto la sella e, soprattutto, il grande uso di materiali “speciali”. Il telaio, all’inizio evoluzione di quello della mono bialbero, è in tubi speciali a culla doppia inferiore, freni integrali in lega con l’anteriore a quattro ganasce (con Provini la Benelli diventa nel ‘65 la prima moto GP con freni a disco) e doppia leva di comando, pneumatici da 2,50 x 18” davanti e 2,75 x 18” dietro. Peso a secco, 122 kg. Potenza dichiarata di questo primo propulsore: 36,5 CV a 13.000 giri velocità con carenatura in alluminio, oltre 220 kmh. Ma – come dirà Grassetti anni dopo – il primo motore usato a Cesenatico non arrivava a 35 CV e non superava i 12.000 giri pur facendo oltrepassare alla moto i 220 Kmh. 

il prototipo

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Il prototipo del nuovo bolide pluricilindrico sarà presentato alla stampa nel giugno del 1960 ma la moto avrà una gestazione problematica debuttando in gara a Imola con Grassetti solo il 15 aprile 1962. Per mesi, la affiatatissima ed esperta squadra del reparto corse è impegnata giorno e notte: con l’ingegner Savelli ci sono il tecnico Armaroli, i vecchi motoristi dell’epoca di Dario Ambrosini, Filippucci, Maroccini, Gabucci, il telaista Ivo Mancini sotto la supervisione di Giovanni Benelli, di suo fratello “Mimo” e del figlio dell’ex campione Tonino Benelli, Paolo. Di fatto, tutta la fabbrica è impegnata sul progetto perché quasi tutti i pezzi sono progettati e costruiti all’interno. Ovviamente, del gruppo fa parte Silvio Grassetti che ogni giorno entra nel reparto corse dopo l’allenamento quotidiano nel tortuoso e rischioso giro dei “99” (Km) sulle strade aperte al traffico del quadrilatero Pesaro-Urbino-Fano-Pesaro. Comunque il gran lavoro dà i suoi frutti: a fine stagione ’62, al GP delle Nazioni di Monza, il motore già supera i 40 CV a 14.000 giri con la moto oltre i 230 Km/h. 

lubrificazione

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Il pluricilindrico è ruvido ma prende i giri con gran facilità e Grassetti lo porterà nel 1963 oltre i 15.000 giri, pagandone però spesso le conseguenze con rotture causa problemi di lubrificazione che saranno risolti definitivamente con la nuova moto, da metà ’64 su su, fino ai bolidi del dopo Provini, con l’ultimo grido dei modelli del ’68-’69: motore 16 valvole da quasi 60 CV a oltre 16.000 giri, cambio a 7 marce (c’era anche l’otto marce), velocità sopra i 250 Kmh, accelerazioni da … 500 cc. Sin dal 1962, ll punto di forza della 250 4 cilindri pesarese stava nell’accelerazione e il suo punto debole nella lubrificazione. Così che, paradossalmente, la moto era più competitiva e più solida sui circuiti misti mentre sui veloci gli exploit iniziali finivano con le nuvole di fumo dai quattro megafoni e il mesto rientro nel box. Passano i mesi e si fanno tante modifiche: il serbatoio dell’olio da separato viene messo sotto il carter; il sistema di accensione passa dall’estremità dell’albero a camme al davanti all’albero motore per rendere più diretto e regolare il comando; l’inclinazione delle valvole, da molto aperte, viene ridotta da 90° a 65° migliorando alimentazione e combustione tanto da rendere possibile ridurre l’anticipo all’accensione da 50° a 30°; viene modificato il sistema di unione dell’albero motore; l’accensione a spinterogeno è sostituita con una a magnete per dare una scintilla più potente agli alti regimi senza pregiudicare la facilità di avviamento. Si lavora tanto, ci sono miglioramenti ma la sostanza non cambia: la potenza c’è, la velocità c’è, manca la tenuta. Per tutto il biennio 1962-’63 Grassetti chiede modifiche profonde al telaio (per ridurre i pesi e rendere la moto più guidabile), al motore (per migliorare la tenuta e per una coppia più dolce), al cambio (per spuntare miglior accelerazione nelle marce basse) senza ottenere però soddisfazione. Il motivo? Come dirà poi lui stesso: “Io per i Benelli ero sempre il “loro” Silvio cresciuto in fabbrica sin dal 1956 e corridore vincente con il Leoncino 125. Per cui mi ascoltavano, mi coccolavano, dicevano sì alle mie richieste ma poi la moto, sostanzialmente, rimaneva la stessa di prima”. Sarà quindi dal 1964, l’ex “bestia nera” della Casa di Pesaro, Provini, a far cambiare con nuovi musicanti la musica del reparto corse di Viale Mameli. Comunque, quel trionfale 1° Maggio 1962 di Cesenatico, resta decisivo per spingere la Benelli a proseguire, sviluppando quel suo progetto di grande qualità e di grandi investimenti. 

i risultati

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I risultati parlano da soli. Dal 1962 al 1969 la 250 “4” ha tagliato il traguardo 150 volte: 50 vittorie, di cui 10 iridate, decine e decine di podi e giri record, vittorie simbolo al TT, Spa, Monza, Imola, Cesenatico, Nurburgring, Le Mans, Assen, Abbazia ecc. Un titolo mondiale (Carruthers), 5 titoli italiani (2 Provini, 2 Pasolini, 1 Grassetti che ne perde almeno altri due per… jella), sempre sul podio. Nell’ultima versione, il motore erogava oltre 55 Cv (ma c’è chi ha visto 60 Cv!) a 17.000 giri (ma tirava fino a lambire i 20.000!), con la moto ben oltre i 250 Kmh. Non contenti, alla Benelli preparavano in gran segreto l’arma che forse avrebbe domato i giapponesi e avrebbe mutato le sorti del motociclismo mondiale: la 250 8 cilindri 4 tempi a V! Ci penseranno i nuovi regolamenti, e non solo, a tarpare le ali ai sogni della gloriosa Casa del Leoncino. La Benelli alzerà comunque il tiro con le nuove 4 cilindri 350 e 500, specie con Pasolini, Saarinen, Hailwood. Ma questa è un’altra storia.

Fonte: https://www.gazzetta.it

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